L'amor fraterno rimanga tra di voi. Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni praticandola, senza saperlo, hanno ospitato angeli. Ricordatevi dei carcerati, come se foste in carcere con loro; e di quelli che sono maltrattati, come se anche voi lo foste! (Ebrei 13,1-3)

Il 20 luglio del 1969 gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin misero piede sulla superficie lunare, culmine della missione dell'Apollo 11. Sono passati solo cinquanta anni. I progressi scientifici e tecnologici prodotti dall'umanità in questo mezzo secolo sono incredibili, straordinari, inimmaginabili. Eppure, nonostante tutto questo progresso, la brutalità dell'essere umano continua a mietere vittime, a sacrificare innocenti sull'altare dell'ingiustizia. Il Regno di Dio è ancora ben lontano dal nostro orizzonte. L'amore profondo e trasformante dell'Evangelo, l'unica cosa che può dare davvero senso e scopo alle nostre esistenze, appare lontano, eppure il nostro prossimo non è sulla luna!

Secoli fa l'autore della lettera agli ebrei esortava i cristiani dicendo: L'amor fraterno rimanga tra di voi. Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni praticandola, senza saperlo, hanno ospitato angeli.

Il riferimento è all'antico testamento, precisamente ai capitoli diciotto e diciannove del libro della Genesi. L'ospitalità per gli ebrei è sacra. Essere giusto agli occhi di Dio significava anche osservare i doveri dell'ospitalità verso gli stranieri. L'antico vicino oriente era un luogo geograficamente ostile, tremendo caldo di giorno e terribile freddo di notte. Praticare l'ospitalità era necessario per scampare ai pericoli derivanti da un clima complesso, ad esempio invitando dei viaggiatori sconosciuti a rifocillarsi e ripararsi dal tremendo caldo del giorno o a trascorrere la notte presso la proprio casa in un tempo in cui trascorrere la notte all'aperto avrebbe potuto significare la morte per i viandanti. Questo codice dell’ospitalità, non scritto ma ardentemente praticato, era un fondamento della società civile nei tempi Biblici. Il deserto, come detto, è un ambiente aspro per i viaggiatori, e negare l’ospitalità a uno straniero in una tale situazione era visto come il massimo della crudeltà.

La pratica di quest'ospitalità, aveva permesso ad Abramo e a Lot di poter ospitare degli angeli e di trarne da questo benedizioni grandi ed inaspettate. Ad Abramo fu rinnovata la promessa e gli fu concesso il diritto di pregare per i propri cari. Lot sarà risparmiato dalla distruzione di Sodoma.

A questo fa riferimento l'autore della lettera agli ebrei. Praticare l'ospitalità mette in condizioni di ricevere benedizioni inaspettate.

Dobbiamo andare un po' più a fondo però, cercando di farci aiutare dal linguaggio originale in cui il testo è stato scritto, il greco.

L'autore qui usa le parole philadelphia e xenophilia. Qui troviamo scritto:

La philadelphia rimanga tra voi e non dimenticate di praticare anche la Xenophilia.

Philia è uno dei termini greci per indicare l'amore, in particolare l'amore fraterno. Adelphoi, infatti, significa fratello; Philadelfia è dunque l'amore fraterno. Xenos, invece, significa straniero. Dunque la parola ospitalità non rende appieno il senso.

Si potrebbe forse tradurre così:

Continuate a praticare l'amore fraterno e non dimenticate di praticare l'amore per lo straniero (attraverso l'ospitalità).

L'amore è qualcosa di molto concreto, ed è ciò che può permetterci di relazionarci a Dio. Noi, non possiamo amare Dio direttamente, non ne siamo capaci. Dio ci ama per primi, il nostro amore per Lui è un dono che Egli stesso ci fa.

La dinamica è questa: Dio ci ama, gratuitamente, in modo incommensurabile, indipendentemente dai nostri meriti e dalle nostre qualità. Quando poi, per la potenza dello Spirito Santo, percepiamo e comprendiamo quest'amore, allora nasce il desiderio di ricambiarlo. Amare solo a parole, infatti, non è vero amore, alle parole devono seguire i fatti, altrimenti le parole sono vuote.

Con Dio i fatti li devi e li puoi fare nel prossimo, corrispondi all'amore di Dio amando il prossimo.

E chi è il mio prossimo?

Intanto Dio ci fa un grande dono, ci permette di amarlo attraverso l'amore fraterno, di cambiare la prospettiva delle relazioni già esistenti nella nostra vita. È come se Dio ci dicesse, vuoi ricambiare il mio amore per te? Mi vuoi amare? Bene, comincia ad amarmi in chi ama già. È un po' come la pubblicità del gratta e vinci: Ti piace vincere facile? Solo che qui è vero!

L'essere umano è capace d'amare. Non abbiamo bisogno di sforzarci è qualcosa che fa parte della nostra natura. Amiamo per esempio i nostri genitori, i nostri parenti, i nostri partner, i nostri figli. Ebbene, Dio ci concede di amarlo in loro.

Riempiti da questo grande dono, la parola di Dio ci invita a non dimenticare un livello di amore più elevato: L'amore per lo straniero.

Viviamo un tempo buio, cercano di convincerci che lo straniero è nostro nemico. Non è così, e comunque non è ciò che dice la Bibbia. Quando nella Scritture leggiamo l'invito ad amare lo straniero, non dobbiamo pensare che si tratti di una forma specifica di amore per il nemico. Lo straniero, nella Bibbia, non rappresenta il nemico, piuttosto l'estraneo. È la metafora dell'estraneo per eccellenza, dello sconosciuto.

Dunque Dio, dopo averci concesso di amarlo in coloro che amiamo già, ci chiede di amarlo in colui o colei che rappresenta il diverso, quello verso il quale è facile essere sospettosi, o ancor di più colui che ci è indifferente, lo sconosciuto, quello di cui non mi importa nulla.

Dio ci chiede di amare coloro che istintivamente ci sono indifferenti, ci chiede di preoccuparci del bene di coloro dei quali non mi importerebbe nulla. Se ciascuno e ciascuna di noi, cominciasse ad occuparsi degli estranei così come si occupa dei propri cari le cose andrebbero in un altro modo, il nostro mondo somiglierebbe un poco di più al Regno di Dio.

Altrove la Scrittura ci invita pure ad amare i nostri nemici; la logica è la stessa, la Parola di Dio ci spinge alla ricerca del bene comune, a trasformare sia il nemico che l'estraneo in un amico, in un fratello con il quale cercare il bene gli uni degli altri. A vivere l'amore come una rivoluzione culturale.

Questo è la rivoluzione che Dio vuole operare con noi. Noi invece facciamo spesso il contrario. Non solo non trasformiamo il nemico in amico, ma consideriamo nemico anche l'estraneo, lo straniero. L'indifferenza si mescola con l'odio. Il cinismo con l'ostilità. L'egoismo con il disprezzo. Il nostro progresso scientifico non va di pari passo con quello umano.

La conquista della luna sembra una cosa così lontana... oggi passeggiamo su Marte e fotografiamo buchi neri, eppure siamo capaci di essere totalmente indifferenti alla carne umana che muore senza pietà, seppellita nel mar mediterraneo o schiacciata dallo sfruttamento del lavoro.

C'è una forza in ogni essere umano che cerca di convincere che per essere felice devi essere tu a occuparti di te stesso, che devi cercare di raggiungere il tuo bene ad ogni costo, se necessario anche a discapito degli altri. Questa è la radice di ciò che la Bibbia chiama peccato, ed è un'illusione. Il mondo non gira intorno a noi, non siamo stati creati per questo Dio ci ha fatti per essere parte di un tutto, non saremo mai felici, se ricercheremo la nostra felicità e il nostro bene. Saremo felici quando cercheremo il bene comune e dunque la felicità condivisa, questo si può fare solo in comunione con Dio. Amare lo straniero, così come amare il nemico non è una cosa semplice, anzi è proprio impossibile. Non puoi riuscirci davvero se Dio non opera in te. Se, però, accogliamo la Parola di Dio e ci lasciamo trasformare da essa, allora potremmo realizzare ciò per cui Dio ci ha creati, essere artefici della vera giustizia, vivere in pace amandoci gli uni le altre, cercando il bene gli uni delle altre. La parola di Dio è capace di trasformare le nostre vite rendendoci operatori di vita nuova. Benedizioni grandi ed inaspettate si aprono davanti a noi, apriamo il cuore alla Parola di Dio e lasciamoci trasformare da essa. Amen!